
C’è un momento, durante l’intervento di Erica Dhawan al Leadership Forum di quest’anno, che rimane impresso molto dopo che ha lasciato il palco.
“Siamo tutti immigrati digitali.” Non perché la tecnologia sia nuova, ma perché stiamo ancora imparando, insieme, a comunicare in modi che l’umanità non ha mai sperimentato prima. Per capire davvero cosa significhi, non in teoria ma nella vita reale, l’abbiamo incontrata.
Ci siamo seduti con lei per quella che doveva essere un’intervista, ma è diventata un viaggio attraverso trent’anni di evoluzione del come ci capiamo, ci fidiamo e collaboriamo.
Quello che segue non è solo il suo racconto. È una guida per chiunque voglia orientarsi nella comunicazione interculturale, nella collaborazione digitale e in quei segnali invisibili che oggi determinano il modo in cui lavoriamo.
Quello che segue non è solo il suo racconto. È una guida per chiunque voglia orientarsi nella comunicazione interculturale, nella collaborazione digitale e in quei segnali invisibili che oggi determinano il modo in cui lavoriamo.
Le Origini dell’Expertise Nel Linguaggio Corporeo
Erica parte dall’inizio e non dai titoli. “Sono cresciuta negli Stati Uniti, figlia di immigrati indiani” ricorda. “A casa parlavamo hindi. A scuola il mio inglese aveva un accento marcato. Alzare la mano? Impossibile. Ero terribilmente timida.” Da questo ricordo personale nasce una verità universale: la timidezza e il senso di estraneità ti rendono osservatore; l’osservazione ti rende sensibile ai segnali che gli altri ignorano.
“Quella timidezza è stata la mia prima maestra” spiega. Le ha insegnato a leggere il linguaggio del corpo, quei piccoli indizi silenziosi che spesso parlano più delle parole. Quella sensibilità è diventata una competenza, poi un’area di studio, e infine una missione: aiutare i leader a vedere ciò che non viene detto ma che cambia tutto.
“Quella timidezza è stata la mia prima maestra” spiega. Le ha insegnato a leggere il linguaggio del corpo, quei piccoli indizi silenziosi che spesso parlano più delle parole. Quella sensibilità è diventata una competenza, poi un’area di studio, e infine una missione: aiutare i leader a vedere ciò che non viene detto ma che cambia tutto.
Dal Linguaggio del Corpo al Linguaggio del Corpo Digitale
Quando la comunicazione si è spostata online, tutto è cambiato.
“Non si trattava più solo di faccia a faccia” racconta. “Email, chat e videochiamate hanno introdotto nuove ambiguità. Il linguaggio del corpo non è scomparso. Si è trasformato.”
Nel suo libro Digital Body Language, Erica mette in discussione un mito in cui crediamo quasi automaticamente: che il digitale renda tutto più efficiente. Eppure ogni silenzio, ogni emoji, ogni scelta di punteggiatura, ogni piattaforma ha un significato.
Nel suo libro Digital Body Language, Erica mette in discussione un mito in cui crediamo quasi automaticamente: che il digitale renda tutto più efficiente. Eppure ogni silenzio, ogni emoji, ogni scelta di punteggiatura, ogni piattaforma ha un significato.
Una risposta veloce può comunicare urgenza.
Un messaggio breve può sembrare irritato.
Un punto finale può apparire…freddo.
Stiamo tutti imparando a decodificare questi segnali.
Per questo, dice Erica, “siamo tutti immigrati nel mondo del linguaggio del corpo digitale.”
Siamo principianti in una lingua nuova. E come in ogni esperienza migratoria servono apertura, curiosità, pazienza ed empatia.
Per questo, dice Erica, “siamo tutti immigrati nel mondo del linguaggio del corpo digitale.”
Siamo principianti in una lingua nuova. E come in ogni esperienza migratoria servono apertura, curiosità, pazienza ed empatia.
Perché le Differenze Culturali Contano Online: gli Accenti Digitali a Lavoro
Crescere tra due culture ha dato a Erica un vantaggio. La capacità di percepire sfumature.
“Colgo rapidamente le differenze” afferma. “Non solo nelle parole ma nel contesto.”
Il suo consiglio a chi lavora in team globali è chiaro.
“Siate proattivi nel comprendere altre culture. Non date nulla per scontato. Fate domande.”
“Colgo rapidamente le differenze” afferma. “Non solo nelle parole ma nel contesto.”
Il suo consiglio a chi lavora in team globali è chiaro.
“Siate proattivi nel comprendere altre culture. Non date nulla per scontato. Fate domande.”
Ci racconta un annedoto di un cliente: un manager americano scriveva email direttamente a colleghi indiani di medio livello. Lui pensava di essere efficiente. Loro lo percepivano come irrispettoso, perché saltava la gerarchia. Perfino l’ordine dei CC aveva un peso.
Un’altra storia riguarda un team brasiliano, caloroso e amante delle emoji, che trovava il proprio manager tedesco freddo e distaccato. Non era freddo. Aveva un accento digitale diverso.
Queste storie ci mostrano una realtà che di cui raramente ci rendiamo conto: le differenze non scompaiono online, anzi, si amplificano.
Riconoscere gli accenti digitali sta diventando una soft skill essenziale.
Connectional Intelligence nelle Collaborazioni Globali
Il concetto di Connectional Intelligence di Erica racconta una verità fondamentale. L’innovazione non nasce in solitudine ma dall’incontro di conoscenze diverse. Condivide una storia emblematica. Un team di chimici non riusciva a risolvere un problema legato a una formula per dentifrici.
Mesi di tentativi, nessun progresso. Finché uno di loro pubblica la sfida in un forum scientifico aperto.
Un fisico, non un chimico, la risolve in un giorno.
“Non era nemmeno un problema di chimica” sorride Erica. “Era un problema di fisica.”
La lezione è chiara. Per affrontare le sfide moderne dobbiamo costruire ponti tra competenze, culture, generazioni e contesti. La Connectional Intelligence è la capacità di creare quei ponti.
I Divari Generazionali sono il Nuovo Divario Culturale
Quando Erica inizia a parlare di divari generazionali, l’intervista diventa quasi buffa; in qualche modo ci siamo passati tutti.
Gen X che non capisce i messaggi Gen Z e Gen Alpha. Gen Z che critica lo stile Gen X e li chiama boomer.
Gen X che non capisce i messaggi Gen Z e Gen Alpha. Gen Z che critica lo stile Gen X e li chiama boomer.
Quelli cresciuti con le email comunicano diversamente da chi è cresciuto con TikTok, e le differenze negli stili e significati di comunicazione digitale può creare incomprensioni.
Un punto alla fine della frase? Per gli adulti è scrittura corretta. Per Gen Z è distacco emotivo.
Una faccina 🙂? Per molti è gentilezza. Per i più giovani è passivo-aggressività.
Slack vs email.
Vocale vs messaggio di testo.
Formale o conciso.
Messaggi lunghi vs raffiche brevi.
“Gli stili comunicativi Gen Z cambiano ogni pochi mesi” avverte Erica. “Stare al passo è quasi impossibile.”
E proprio qui può nascere coesione o attrito.
La leadership globale oggi richiede di essere costruttori di ponti. Serve la capacità di interpretare segnali in continuo mutamento senza giudizio.
La Diversità come Vantaggio Strategico
Dhawan sottolinea che la diversità generazionale e culturale non è solo un valore etico. È un motore di crescita.
Cita una ricerca che mostra come, in una riunione, le prime tre persone che parlano occupano l’80 percento del tempo. E sono quasi sempre le più senior. Questo soffoca le voci più giovani, creative, straniere, diverse.
Ma gli spazi digitali, se usati con intenzione, possono cambiare questa dinamica. Possiamo trasformare la diversità di voci in un vantaggio competitivo. ” Il mondo digitale ci dà l’opportunità di essere più inclusivi che mai”, dice.
Se ne siamo consapevoli, se progettiamo tenendolo a mente e se ascoltiamo davvero. Se creiamo spazio perché più accenti digitali, culturali e generazionali possano essere ascoltati. Forse è proprio questo il significato di essere “immigrati digitali”: creare spazio e imparare una lingua fatta di curiosità, empatia e comprensione reciproca. Connectional Intelligence.
Costruisci Team Globali più Connessi
La nostra conversazione con Erica Dhawan rivela una verità oggi più che mai evidente.
Siamo più interconnessi che mai e quella connessione dipende da come comunichiamo, non solo da ciò che diciamo. Dipende dalla nostra connectional intelligence e dalla nostra sensibilità interculturale.
Siamo più interconnessi che mai e quella connessione dipende da come comunichiamo, non solo da ciò che diciamo. Dipende dalla nostra connectional intelligence e dalla nostra sensibilità interculturale.
A Maka sosteniamo aziende e professionisti che affrontano ogni giorno il mondo. Sappiamo che la lingua è solo il primo passo della comunicazione digitale. Dietro ogni parola c’è un universo non detto: culture, generazioni, aspettative, strumenti, emozioni. E come ogni nuova lingua, non si impara da soli.

